Cominciamo dal fondo: le ultime tre tracce sono delle edizioni restaurate di "In Fronte" ("Affronto i radicali cambiamenti con paura e coraggio // non c'e' coraggio senza paura // non c'e' coraggio senza paura!"), "Guardando I(n) Frantumi" e "Icaro" ("Ali slegate ora hai // che buon vento ti accompagni"), in origine presenti su Balboa, I Giorni Della Merla e Stanze. Soprattutto la prima e la terza erano gia' tra i pezzi migliori della band ma ora sono semplicemente masturbazione per le orecchie. Piu' quadrate, piu' pulite, piu' elaborate e meglio registrate. La seconda, invece, era passata un po' in sordina nella versione originale mentre ora mi diventa una delle canzoni meglio riuscite, guadagnando nella qualita' del cantato e nell'impatto delle strumentali: "Punti di riferimento persi di vista vanno via sciamando // ed io non ho il controllo // io non ho il controllo!".
Pura Universite' de Punk Hardcore a l'Italienne!.
La parte inedita del disco, invece, si apre (e si chiudera') con degli splendidi recitativi, come inaugurato nel precedente Morte Di Un Microfono. Brevi momenti molto semplici ma ricchi di immagini e rapide sensazioni, in linea con lo stile del gruppo ("Un grosso lupo nero si aggira attorno alla casa").
Il primo pezzo e' uno dei migliori: "All'Ombra Della Gru". Attacco a mitraglia, chitarre da guerra che ogni tanto si aprono in sprazzi di luce, intermezzi di granate di batteria e la voce di Davide perfetta, a dare ordini galleggiandoci sopra, cambiando continuamente sfumature, senza mai rincorrere se stessa per non perdere il tempo. Semplicemente niente di meno di cio' che troverete nel resto del disco: "Io e te comparse in questa ciclica tragedia!".
"Traiettorie", invece, e' piu' lento, meno violento, quasi ballabile. Ben suonato, begli stacchi di chitarra, bei cambi di tempo ma mi lascia comunque meno delle altre: "Il malessere ha radici profonde // forse antiche".
Il terzo pezzo e' "Nalbon City" ed e' forse il mio preferito. Sara' perche' ho la testa piena di certe merdate, ma mi proietta dritto dentro agli scenari di un romanzo steampunk, in cui un futuro post-apocalittico e' visto come un polveroso passato decadente, attraversato da un protagonista solitario, sopravvissuto a non si sa bene cosa, vestito di grossi occhiali da aviatore ed improbabili abiti stretti, grigi e lisi. La canzone non e' altro che il suo racconto di un pezzo di viaggio, a frammenti, a flash, a colori, come ogni testo dei CGB: "Su una vecchia fisarmonica infreddolita // regna il silenzio [...] Su una vecchia foto ingiallita // un'orchestrina in un giorno di festa // non ho freddo a Nalbon City!".
Subito dopo troviamo il pezzo che proprio non ti aspetti, "Tanita", una ballatona acustica che subito mi ricorda "The Ballad" dei Millencolin (come qualsiasi altra ballata abbia sentito...). Solo chitarra e voce per 3 minuti e 50 che non sono nulla di clamoroso dal punto di vista della tecnica o dell'invenzione, pero' ti rimangono addosso, perche' ti ci ritrovi, rispecchiano cio' che sai di aver provato, prima o poi, nella tua vita, altrimenti non staresti qui ad ascoltarti i CGB: "Ti stringo forte // cammina un po' // su una strada diversa // la mia strada diversa". Da ascoltare, veramente...
In chiusura troviamo "Fughe Da Fermo" (non so se ispirato all'omonimo bel libro di Edoardo Nesi), il pezzo piu' violento e veloce del disco, con molto cantato urlato e batteria senza tregua: "Fuggo da fermo // mi vedi ma io non sono qui // mi senti ma non del tutto". Non tra i migliori della discografia, ma comunque fa la sua parte.
Insomma, sono gia' passati sette anni da I Giorni Della Merla e tre da Morte Di Un Microfono ma sembra proprio che i CGB non abbiano intenzione di perdere lo stile, il genio, la scintilla che gli permette di cacciarci fuori ogni due o tre anni una nuova bomba. Compratelo, ascoltatelo, scaricatelo, vendetelo, mangiatelo: gia' soltanto i vecchi pezzi varrebbero la fatica, ma coi nuovi diventa imperdibile.
Brucia ancora!
sberla54
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