Seppur di natura assertiva e un po' assente umanamente - l'uomo si è ritrovato all'apice di quello che doveva essere la propria maturità umanistica a gattonare su di un terreno franabile - a mangiare spilli convinto che il progresso esistenziale e sociale del proprio paese gli avesse procurato la vita perfetta, la vicinanza istituzionale, l'estasi empirica da dei dell'olimpo.
Cazzate - abbiamo creduto alle cazzate di governi labili - alfieri del consumismo, a volte ci siamo girati dall'altra parte perché trovavamo l'argomento allettante quello di appartenere ad una maggioranza che aveva il diritto di voto e di sputa merda sullo sconosciuto che bussava al portone delle nostre sicurezze.

L'identità della nostra transitoria pena - ci getta nel nostro infido destino - come detriti nella troposfera delle nostre insicurezze. Vive di quei rimasugli - lasciati a marcire come uova scadute sotto l'asfalto di un Lunedì senza luna.
Così aridi e deformi, chiusi e riluttanti a qualsiasi apertura verso l'altro - vediamo la realtà esterna come una spada di Damocle pronta a prenderci l'ultimo respiro, l'ultima riserva essenziale di vita.

Sotto le unghie, sotto la pelle, tutto ciò che respiriamo viene edulcorato dall'asfalto bruciato delle menzogne avariate delle quali ci nutriamo credendo cibo pregiato. Nell'oro placcato delle nausee del giorno che nasce, dell'ennesimo forno umanitario dello scontro inutile. Del vuoto dentro gli occhi scavati, dei figli che assaporano la morte gelata - dei propri padri caduti sotto il vile denaro.
Cosa rimane quando il bagliore si spegne, quando il respiro si azzera, quando tutto per quello in cui hai creduto e lottato cade nell'indissolubile oblio? Un cazzo.

La chiave di lettura dei tempi moderni - qualora qualcuno la cercasse in fondo alla matassa di merda esistenziale generazionale, sorseggiando un gin tonic nella parafrasi di questo periodo storico. La troverebbe guardando a fondo nei margini della società - nei vuoti suburbani della quotidianità, nei bicchieri vuoti, nel vuoto cosmico attuale edulcorato dalla metastasi sociale.

Fermi tutti! prima di parlare dei Michael Khill una doverosa premessa va fatta sulla scelta del geniale nome della band del modenese.
Tale nome nasce infatti dalla storpiature di Michael Hill, ma chi è costui? Semplicemente un uomo che nel 1998 viene pugnalato al cervello con un coltello di circa 20 cm, creando di fatto il guinness dei primati per "Gli oggetti più grandi rimossi dal teschio umano".

"[...] Questo nome non suona come un urlo di morte a mezzanotte? Non pronunciatelo forte, o le immagini della vita svaniranno nelle ombre, e gli incubi aumenteranno e si nutriranno del vostro sangue. La notte Nosferatu affonda i denti nelle vittime e si nutre col sangue che costituisce un infernale elisir di vita. Attento che la sua ombra non pesi su vite come un incubo pieno di sogni raccapriccianti."
La carenza in questa società di elementi sensibili - ha sollevato quel genere di polverone per cui, ora più che mai, una stratificazione umanistica pressochè vuota. Anemica ed assertiva. Un ventre gravido svuotato da un essenza colma di viscerale umanesimo - ormai sempre più colmo della pece nauseante dell'ebbrezza sociale.

Spesso il comune senso del voler rinunciare alle cose ti fa vivere in uno stato emotivo perenne da apatico della merda, dove vivi intransigente nell'apatia, bloccante e traboccante di nulla. Lotti contro te stesso e con tutto quello che trovi per la tua strada - vivi in simbiosi con il terrore che qualcuno ti possa strappare quello per cui a lungo hai modellato.
Con i denti e con le unghie - torturi psicologicamente te stesso per mettere il piede fuori da quel senso di inadeguatezza verso la realtà circostante. Quel senso enorme ed opprimente che ce l'ha messo addosso la moderna attitudine, che il capitalismo si è sfregato le mani al veder balenare questa vocazione nella vecchia e nuova generazione.

Spesso troviamo l'utilità nel ripetere sbagli giusto per sentirci meno soli - scegliendo sentieri percorsi da altri - sbeffeggiando credi consumistici giusto per sentirsi parte di una comunanza che non è sana ma che è parte di un processo odierno progressista, che vuole l'individuo sempre più apatico verso ogni singolo evento quotidiano. E sempre meno, purtroppo cosciente della propria esistenza e della realtà circostante.
Racchiuso dentro una certa peculiarità sincera per nulla assertive - Blood.Lies.Idiots.Death. dei Lacerhate - è uno specchio di tutto quello che l'uomo moderno dovrebbe recidere in via eterna.

"La volontà di potenza per Nietzsche è la volontà impersonale - intesa come perpetuo rinnovamento dei propri valori. Sposando il prospettivismo nietzscheano secondo cui l'uomo deve ciclicamente aggiornare il suo punto di vista e mai fissarsi su una presunta verità definitiva."
Senza fare demagogia spicciola da "scuola della vita" del malessere dell'uomo moderno - ho preso una parte del concetto nietzscheano sulla volontà di potenza - per affermare quanto sia importante oggi impostare la nostra quotidianità ricercando quel bagliore propulsivo che animi il nostro inconscio.

Come dei piccoli granelli di sabbia dentro una claustrofobica clessidra, vediamo lo scorrere del tempo e della vita che si libra di articolazioni emotive, dalla presenza ed assenza delle persone, da un riverbero sonoro che accompagna il nostro lento mutare di noi stessi e scivolare dall'altro lato della clessidra ricercando il coraggio di costruire il proprio destino per non soccombere mai a sbarre limitanti e indissolubili.